martedì 4 giugno 2013

AGNESE


Agnese è un personaggio che svolge la funzione di aiutare i nostri protagonisti all’interno della storia. Il suo carattere, deciso e sbrigativo, unito ad un’esperienza di vita che lei stessa dentro di sé forse sopravvaluta, la induce ad un’estrema sicurezza di giudizio; la sua sollecitudine e il suo amore per l’unica figlia, velati da un riserbo che è proprio delle persone abituate ad un’ esistenza ridotta ai suoi valori essenziali, la sua facilità di parola e la sua arditezza di espressioni, costituiscono un marchio inconfondibile. Una caratteristica di Agnese è la sollecitudine con cui si dispone ad aiutare la figlia nel raggiungimento della sua felicità. Agisce con la sicurezza di sé, propria della gente di limitata cultura, che è portata a vedere una faccia sola della realtà, quella che interessa direttamente. I suoi giudizi e i suoi consigli sono sempre decisi, perché Agnese punta sulla sua esperienza che si accompagna a un fondamentale ottimismo. Vediamo invece, nel corso della vicenda, che se i suoi consigli hanno un risultato positivo, questo avviene per puro caso. Per esempio, con il suo progetto ardito del matrimonio a sorpresa, riesce a sventare il tentativo di incursione in casa sua e rapimento della figlia, e se lei è riuscita a compiere quello che padre Cristoforo non avrebbe fatto in tempo a fare, è solo opera di una volontà superiore, indipendente del tutto dai piccoli pensamenti e imbrogli della furba contadina. L’episodio del matrimonio a sorpresa serve a determinare la palese differenza tra Agnese e Lucia. La donna non consiglia ai suoi giovani un passo contro la morale, ma è evidente su quale diverso piano si trovino madre e figlia. La prima si fa propugnatrice di una morale strettamente utilitaria, la seconda di una condizione psicologica profondamente cristiana. Proprio per questo Agnese è un personaggio statico, nel senso che, nonostante le vicende che la sconvolgono insieme alla figlia e al suo promesso, non cambia né atteggiamento, né concezione della vita: Agnese punta sempre, col suo solito senso pratico, sulla necessità di giudicare le cose in rapporto alle circostanze e non in astratto. Agnese mostra di avere molti difetti: è un po' pettegola ed impicciona e non molto intelligente, nonostante cerchi di essere educata e rispettosa si dimostra un po' goffa, insomma, non brilla per virtù, ma di fronte alla sua bontà genuina e sincera, in qualche modo i suoi difetti si eclissano. Il rapporto tra Agnese e Renzo, suo futuro genero, è piuttosto buono. Infatti lei ritiene che Renzo sia un bravo ragazzo e lo difende anche in momenti piuttosto delicati, come quando questo viene accusato di essere un rivoluzionario. Invece lui stima Agnese come una madre e riceve da lei qualsiasi aiuto fidandosi ciecamente.


olivia 

giovedì 30 maggio 2013

LA CATABASI DA OMERO A “I PROMESSI SPOSI”




Il libro VI dell’Eneide narra la discesa agli inferi di Enea. Egli era andato a Cuma per consultare l’oracolo di Apollo presieduto dalla Sibilla.

La catabasi di Enea non è stata l’unica, il viaggio nel mondo dei morti ha sempre affascinato l'uomo: Gilgamesh, Orfeo, Ulisse, Enea, Dante, ma ognuno con motivazioni diverse.

Se Gilgamesh, semidio, voleva conoscere il segreto dell’ immortalità, Orfeo, più umano, discese agli inferi invano per riportare in vita l’amata sposa.

La più famosa è quella di Ulisse, narrata nel libro XI dell’Odissea, che  però non è una vera "catabasi", bensì un’evocazione, nekia, delle ombre dei morti. Ulisse scende nell’Ade per apprendere quale destino lo aspetta: vuol sapere quando terminerà il suo viaggio e quando giungerà finalmente a Itaca.

Per questo Enea ed Ulisse sono paradigma dell’eroe greco: bello e valoroso “kalos kai agatos”.

Ulisse, come anche Enea, incontra le ombre degli affetti più cari: la madre Anticlea, la cui ombra invano tenta di abbracciare; i compagni con cui aveva condiviso anni di guerra, Agamennone, Aiace e Achille, che gli confessa che avrebbe preferito essere un bovaro, ma vivo, piuttosto che una vana ombra nell’Ade. L’Odissea sconfessa l’ideale eroico di Achille perché esso non dona salvezza ed eternità.  Grazie a questi incontri Ulisse ha la possibilità di fare il punto della situazione, di guardare al suo passato con serenità e con altrettanta serenità guardare al futuro, consapevole della dolorosa realtà della morte.

I motivi che spingono Ulisse negli inferi si addicono alla personalità dell'eroe: curioso e desideroso di conoscere il proprio futuro.

La discesa agli inferi di Enea ricorda moltissimo quella omerica. Enea vuole entrare nel regno di Dite per rivedere e riabbracciare il padre Anchise. L’eroe troiano incontra Didone, che lo guarda muta accanto all’ombra di Sicheo e incontra anche Anchise che lo guida attraversa le anime dei morti e gli mostra le anime di coloro che ancora devono nascere: Enea ha ora dinanzi a sé una schiera infinita di uomini e donne che rappresentano il futuro dell’eroe e non il suo passato. Proprio qui sta la differenza tra Ulisse e Enea: il primo si era mosso spinto dal desiderio di conoscere il destino personale ed aveva incontrato le anime di quanti già aveva conosciuto, il secondo invece cerca risposte che riguardino non solo il cammino futuro, ma le ragioni stesse del suo peregrinare. Vuol sapere cosa ci sarà dopo Troia, vuol sapere perché ha dovuto abbandonare Didone, perché ha perso tanti compagni e persino il suo amato padre. Enea si trova dinanzi non solo il suo destino, ma a quello di tutta la sua stirpe.

Ben tre volte sia Ulisse che Enea tentano di abbracciare i diletti genitori, ma la consistenza del loro corpo è svanita con la morte.

Il destino cambierà a seconda delle scelte di Ulisse, un uomo che può cambiare il corso degli eventi con la volontà.  Enea verrà a conoscenza del suo futuro per meglio adempire alla missione che gli è stata affidata, ad Ulisse verrà rivelato solo per un suo bisogno. Da Enea dipende la nascita di Roma. Da Ulisse dipende solo la sua sopravvivenza. Enea Figlio di Anchise e della dea Afrodite, sposo di Creusa e padre Ascanio, è il “fondatore": a lui è affidata la missione di riportare in vita lo splendore di Troia, fondando un nuovo impero.

Enea è l'eroe giusto e valoroso, che mosso da nobili ideali dedica la sua vita a qualcosa di più grande, per cui verrà ricordato nei secoli a venire. Ulisse e ancor più Orfeo, dedicarono la loro vita al raggiungimento della felicità per se stessi e per i propri cari. Enea invece per adempiere al suo destino lascerà anche la donna che lo amava, per portare a termine quel grandioso disegno che era la nascita di Roma. Orfeo e Ulisse lottano contro una sorte sventurata, mentre Enea si lascia dolcemente guidare attraverso un cammino predestinato, senza cercare di opporsi. Quindi seguendo il solco della provvidenza Enea dovrà rifondare una nuova Troia, una “Roma aeterna”, nella quale tutti i Troiani si rincarneranno.

Anche Manzoni nel suo romanzo “I Promessi sposi” inserisce al centro simbolico dell’opera la catabasi dell’Innominato. Egli convertito dalla pietà per Lucia e dalle parole di Federigo Borromeo, ricompie quello che Orfeo fece con Euridice: ma questa volta trionfando, il peccatore scende a recuperare l’anima della donna, Lucia, prigioniera nel suo castello, la sede del male, nella valle brulla dolorosa, per riportarla indietro, nel mondo dei vivi, dei cristiani, presso il Cardinale Borromeo. Accompagnato non dalla Sibilla, né da un Virgilio dantesco, ma con Don Abbondio affronta l’umiliazione di una conversione pubblica.

Quindi la catabasi è il processo che consente ad un uomo o ad una donna di cambiare: l’Innominato è l’unico personaggio negativo che cambia, che cresce, che si converte. Pertanto nella prospettiva cristiana della provvidenza non è negativo, al contrario è il personaggio più importante. Egli rifiuta di fare la fine del “tizzone dell’inferno”, Don Rodrigo, una fine inevitabile, infera e pestilenziale. Lucia simbolicamente è l’anima salvata dell’Innominato, come Euridice lo era per Orfeo.

Per questo anche Lucia è così importante: si distingue dai personaggi che non cambiano come Don Rodrigo, perché ella non cambia, ma come l’anima del cristiano pellegrino si riconsegna a Dio intonsa e per mezzo delle mani del più grande dei peccatori, l’Innominato che si salva. Questo è il miracolo della provvidenza. 
                                                                                                                                       

                                                                                         Giulio                                                    




lunedì 27 maggio 2013

Nel giorno di San Portopinazione non si fa l'interrogazione!

PS: rispettate la volontà di Portopino.